Il racconto dell'orrore del teste "Delta". "Ho sentito quando torturavano Regeni"

Scritto il 03/12/2024
da Edoardo Izzo

AGI - "Ho sentito quando Regeni veniva picchiato e torturato. Parlava italiano e un arabo, ma non da madrelingua". Cosi' 'Delta', un 'testimone protetto' - di mestiere artigiano - nel processo, in corso a Roma, sull'omicidio del ricercatore friulano torturato e ucciso, nel 2016, a Il Cairo, in Egitto. Il teste, nel corso dell'audizione all'interno dell'aula Occorsio del tribunale di Roma, si è più volte fermato ricordando al pm Sergio Colaiocco il grande trauma che ancora oggi si porta dietro.

Il 25 gennaio 2016 - giorno della scomparsa di Giulio Regeni -, "sono stato arrestato nelle proteste di piazza Tahrir. Hanno preso un documento e mi hanno detto 'vieni, sali'. Non c'è diritto di fare domande" prosegue il testimone.

"Mi hanno messo sul mezzo della polizia e mi hanno portato al commissariato di Dokki", spiega rispondendo alle domande del pm Sergio Colaiocco. "Vengo portato al primo piano, sono poi entrato: c'era un corridoio e mi hanno fatto sedere", conclude.

La testimonianza

"Aveva un cellulare ma gli è stato tolto"

"Ho visto un ragazzo italiano (Giulio Regeni ndr.) di altezza media, aveva un jeans e una maglietta con una felpa, mi pare fosse azzurra. Aveva circa 30 anni, forse poco più. Portava la barba, ma era molto corta. Era in piedi e parlava in italiano con un ufficiale. Io ho detto: 'sta chiedendo un avvocato', io ho lavorato in una società italiana per due anni e conosco qualche parola" della vostra lingua.

"L'ufficiale mi rispose: 'fatti gli affari tuoi', 'vuoi fare l'interprete? Parla arabo meglio di tè. Potevano essere le 20 o le 21", ricostruisce. Ho visto che Regeni, "aveva un cellulare, ma è stato spento e gli è stato tolto. Insieme al telefono gli sono stati" sequestrati "anche il portafoglio e i documenti", spiega.

Dopo "sono venute delle persone" e hanno portato sia me sia Regeni, "siamo stati caricati su una macchina per la sicurezza dello Stato e bendati sugli occhi".

Il "cimitero dei vivi" 

"Poi" io e Giulio Regeni "siamo andati in una sede per la sicurezza dello Stato", aggiunge. "L'ho capito al primo schiaffo ricevuto - ricostruisce il testimone -, ci stavano portando nel 'cimitero dei vivi'. Dopo siamo stati divisi: lui nel reparto per gli stranieri e, dopo quella sera, non l'ho più visto". 

"Io sono seduto qui e sono terrorizzato", "molte cose cerco di non ricordarle".

Cicatrici e scosse elettriche

Il testimone, visibilmente scosso, è stato più volte rassicurato dal pm Sergio Colaiocco in aula. "È importante la sua testimonianza, da domani questa storia non dovrà più ripeterla", spiega il rappresentante della pubblica accusa. "Ci hanno picchiato. Io sono stato legato alle maniglie del letto e hanno usato la scossa elettrica", spiega. "Ci sono segni nel mio corpo, ho segni su un braccio, ho di tutto", racconta il teste. Tante le cicatrici. Una da 5 o 6 centimetri sulla tempia sinistra. I segni sul braccio, invece, sono coperti da una serie di tatuaggi. "I segni risalgono a quel luogo e a quei giorni", ricorda.

Il testimone afferma poi di essere stato arrestato a gennaio e di aver poi lasciato l'Egitto a giugno. "Mi hanno poi accompagnato per lasciare il Paese", dice.