AGI - Le aggravanti non si contano ma si pesano e si valutano nel contesto ed è per questo che Filippo Turetta è stato condannato all'ergastolo dalla Corte d'Assise di Venezia per avere ucciso Giulia Cecchettin nonostante siano cadute quelle della crudeltà e dello stalking che per il pm sarebbero state invece pienamente provate. I giudici della Corte d'Assise di Venezia, guidati da un magistrato molto esperto, Stefano Manduzio, hanno in parte messo in discussione la ricostruzione della Procura ma senza intaccare l'entità della pena chiesta dall'accusa per l'ex fidanzato della ragazza di Vigonovo accusato anche dei reati di sequestro di persona e occultamento di cadavere. La sentenza arriva dopo cinque udienze di un processo breve perche' si e' svolto, col consenso della difesa e della Procura, senza l'ascolto di testimoni e senza consulenze. Un dibattimento 'sobrio' nei toni al cui epilogo avevano sostenuto di non essere interessati né Gino Cecchettin ("Avrei accettato qualsiasi decisione, non è con la pena che si cambia ma con la prevenzione") né Turetta ("Filippo accetterà qualsiasi condanna, anche l'ergastolo, quello che conta non è la pena ma il suo percorso di maturazione personale del gravissimo delitto" ha sempre detto il suo legale, Giovanni Caruso).
L'unica 'polemica', seguita all'arringa di Caruso, definita in un primo momento "non rispettosa della memoria di Giulia" da Gino Cecchettin, si è spenta con una stretta di mano tra i due. "Umanamente la capisco, il mio è un lavoro difficile" ha spiegato il difensore al papa' della ragazza. E nemmeno fuori e dentro l'aula c'erano, come accaduto per altri femminicidi, esponenti di associazioni che si battono contro la violenza di genere. Il processo in questa vicenda ha contato meno del "rumore" nelle piazze e delle parole di Gino ed Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, quasi gemella per l'età, che non è mai venuta in aula perché questo è ancora il tempo di un dolore fulminante "fonte di uno stress che non sarei in grado di gestire".
Le decisioni della Corte, spiegate
L'imputato ha ascoltato a testa bassa il verdetto che lo condanna anche a risarcire 500mila euro di provvisionale a Gino e dopo era "un po' stordito", ha riferito Caruso, che gli ha illustrato i dettagli della sentenza alla quale valuterà tra 90 giorni, il tempo per leggere le motivazioni, se appellarsi. Allora si saprà perché i giudici abbiano riconosciuto solo l'aggravante della premeditazione oltre a quella 'oggettiva' dell'ex legame affettivo tra Filippo e Giulia, ritenendo che la famosa "lista delle cose da fare" preparata da Turetta nei 4 giorni prima dell'omicidio, dal 7 all'11 novembre, fosse davvero un piano lucido, frutto di una solida volontà di ucciderla.
Quanto allo stalking, per dimostrare il quale Petroni aveva letto in aula decine di messaggi tra i due studenti, è probabile che sia stata accolta la tesi di Caruso. "La legge richiede la reiterazione delle condotte ed è indubbio che quelle di Turetta fossero ossessive, quasi da spettro autistico, come si evince dalle sue annotazioni, petulanti e insopportabili - questi gli argomenti esposti nell'arringa - ma occorre anche che nella vittima si ingenerino stati perduranti d'ansia e di paura che in questo caso non vedo. Giulia non aveva paura di lui tanto è vero che è andata all'ultimo appuntamento. Lei non ha cambiato stile di vita, ha fatto gli esami, stava per laurearsi, andava con lui ai concerti e uno di questi era in programma anche in una data successiva all'omicidio. Giulia va dallo psicologo ma non risulta che gli dica di avere paura di Filippo, va per altre ragioni. Quando lei dice 'Filippo mi fai paura' lei intende che ha paura che lui si faccia del male".
"Abbiamo perso come società, è chiaro che è stata fatta giustizia, ma dovremmo fare di più come essere umani".
Gino Cecchettin
Il tema della crudeltà viene spesso letto in modi contrastanti anche in diversi gradi di giudizio nello stesso processo, come nel caso dell'omicidio di Carol Maltesi dove in primo grado venne esclusa dai giudici di Busto Arsizio per poi essere riconosciuta in appello e Cassazione. Per il pm, Turetta ha straziato il corpo della ragazza con 75 coltellate anche sul volto e le lesioni da difesa testimoniano con quanta brutalità abbia agito. Caruso, affiancato dall'avvocata Monica Cornaviera, aveva obbiettato: "Un omicidio commesso con tanti colpi di pugnale non necessariamente è crudele nel senso previsto dalla legge. Turetta colpisce alla cieca, chi non è un killer professionista è difficile che prenda al primo colpo la giugulare. Anzi, chi non ha mai usato un'arma bianca comincia con colpi di 'assaggio', di taglio e di punta. È un omicidio efferato ma non c'è crudeltà".
L'aggravante si configura quando "le modalità della condotta rendono evidente in modo obbiettivo e conclamato la volonta' dell'agente di infliggere alla vittima sofferenze gratuite, inutili, non collegabili al normale processo di causazione della morte".
Tra le ipotesi c'è quella che i giudici abbiano considerato che le coltellate sferrate da Turetta siano state tutte 'necessarie' per provocare la morte visto che Giulia fino alla terza e ultima fase dell'aggressione, nella zona industriale di Fosso', era ancora viva come mostrano le telecamere per poi apparire a un certo punto "inerme". I due giudici togati e i sei popolari non hanno riconosciuto le attenuanti generiche chieste dalla difesa per la confessione e la "collaborazione" alle indagini di Turetta. "Abbiamo perso come società, è chiaro che è stata fatta giustizia, ma dovremmo fare di più come essere umani" è la sintesi di Gino Cecchettin dopo che una ragazza di 22 anni è stata uccisa e un ragazzo della stessa età ha davanti a sé la prospettiva di un ergastolo.